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Una cosa è certa: gli attuali mensili di fotografia gli devono tutto. Non sarebbero nemmeno nati, senza la sua geniale intuizione concretizzata nella rivista “Fotografare”. Nella redazione di “Fotografare” hanno mosso i primi passi l’editore di Reflex, quello di FotoCult e l’Editrice Progresso non avrebbe editato Tutti Fotografi, senza il pungolo della sua concorrenza. Cesco Ciapanna, che l’inventò nel 1967, se n’è andato il 16 marzo 2014. Improvviso, come sempre improvvise e inaspettate erano le sue decisioni. Lo conoscevo bene. Credo mi stimasse. Forse perché non ero nato professionalmente in una rivista di fotografia, ma sui banconi della cronaca dei quotidiani.

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Cesco Ciapanna, fondatore e editore della rivista Fotografare

La rivista che aveva in mente e faceva era un quotidiano, anche se usciva una volta al mese e trattava solamente di fotografia. Questa fu la grande novità di “Fotografare”: l’attenzione e la ricerca della notizia; l’attenzione alla novità tecnica, l’urgenza di essere i primi a informare il lettore. Il dovere di riempire le pagine con notizie, fatti, dati e non con immagini sulle quali il critico di turno concede le sue elucubrazioni. Notizie, fatti che talora facevano impallidire Polizzi, il suo produttore di pubblicità, perché parlavano male di questo o quell’inserzionista. Inserzionisti che talora abbandonavano le pagine della rivista, per tornarci dopo qualche mese: sia per i buoni uffici del mitico Polizzi, sia perché “Fotografare” vendeva molto di più, rispetto alle altre. Arrivò a fare numeri di vendita a tre cifre. Impensabili oggi, quando sfiorare, qualche volta, le due cifre è già un successo strepitoso.

Collaborai con lui e con la rivista gemella Fotopratica, edita da Gianni Baumberger, altra grande e dimenticata figura del mondo della fotografia, per anni. Un giorno mi invitò a pranzo al Soldato d’Italia, ristorante del quartiere milanese di Brera. Entrai da collaboratore di “Fotografare” e ne uscii con il contratto da direttore in tasca. Anzi, no. Uscii con una stretta di mano che era più di una firma in calce a un contratto. Cesco era di quei capi d’azienda poco inclini alla delega. Di quelli che, la battuta è vecchia ma calzante, avessero un po’ di tette farebbero anche la segretaria di redazione. Dopo qualche anno fu inevitabile la separazione: consensuale. Quando veniva giù al Nord, talora ci si vedeva. Bastian contrario qual era, non saliva a Milano, ma scendeva. Nel suo ufficio campeggiava addirittura una cartina d’Italia girata al contrario.

Feci altre riviste, anche concorrenti. Tornai a collaborare con “Fotografare”. Intanto era arrivata la fotografia digitale e Il soldato d’Italia aveva chiuso. Ci vedevamo sempre meno. Dopo anni di lontananza lo rividi casualmente a Milano, nel negozio di Photo Discount, un mese fa. Parlammo di fotografia, oggi così distante da quella che lui conosceva bene e ci aveva fatto conoscere. “Con questa fotografia non ci so combattere…” confidò, con terragna espressione marchigiana. E mi fece vedere il display della reflex che teneva al collo. Ci aveva appiccicato un foglietto con su scritta, a pennarello, la vecchia tabella dei tempi e dei diaframmi. Cesco Ciapanna 1935-2014, anche questo un dato, uno scarno coccodrillo che gli avrebbe fatto piacere. (Edo Prando)

 

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